di Tim Sigler
All’interno della comunità ebraica esistono reali differenze teologiche tra chi adora Yeshua come Messia e chi no. Il modo in cui comunichiamo queste differenze fa la differenza. La storia di questo dibattito è costellata di pessime argomentazioni e disonestà intellettuale – va bene praticamente tutto quando si vuole raggiungere un determinato obiettivo! Cosa succederebbe se ci concentrassimo sia sul contenuto biblico del nostro messaggio evangelistico, sia sul giusto tono? Come potrebbe migliorare la nostra predicazione se seguissimo effettivamente le indicazioni contenute in Efesini 4:15 e comunicassimo la verità nell’amore?

Un bagaglio di pessime relazioni
Numerose opere tracciano la triste storia del Cristianesimo antisemita e il pregiudizio antiebraico della chiesa1. Giovanni Crisostomo (347-407 a. C.) corruppe molti dei primi cristiani con i suoi appassionati sermoni pieni di odiosa retorica e accuse di deicidio. Per esempio, fu lui che affermò che “i martiri hanno un odio speciale per gli ebrei perché hanno crocifisso Yeshua, colui che amavano di più. Gli ebrei hanno detto: ‘Il Suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli’, ma sono stati i martiri a versare il proprio sangue per Lui, per Colui che è stato ucciso dagli ebrei. Sarebbero quindi molto felici i martiri se potessero ascoltare questo discorso”2. Crisostomo inoltre affermò il suo sdegno con queste parole: “Quanto a me, io odio le sinagoghe… Odio gli ebrei per la medesima ragione”3.
Per molti predicatori del Vangelo la minaccia di antisemitismo non è mai stata una reale preoccupazione personale. È semplicemente qualcosa che appartiene a un passato dimenticato. Questa minaccia non è avvertita come reale e spaventosa e qualcuno potrebbe minimizzare definendo tutto ciò come rari casi perpetrati da violenti gruppi estremisti del tipo neo nazisti o similari. Ma le loro famiglie non sono state colpite dai pogrom o dall’Olocausto. Niente di tutto questo è accaduto nel corso delle loro vite e può sembrare loro come una storia antica di un barbaro passato piuttosto che qualcosa da considerare pericoloso per la propria vita presente. Consideriamo, invece, l’esperienza vissuta nella prima infanzia da Golda Meir (1898-1978), un’insegnante di Milwaukee nata in Russia, che diventò il quarto Primo Ministro d’Israele e fu la prima e unica donna a farlo. Nella sua autobiografia, La mia vita – L’unica donna nella stanza, cita un ricordo di quando aveva quattro anni:
“Allora vivevamo al primo piano di una piccola casa a Kiev e ricordo ancora come fosse oggi che sentii parlare di un pogrom che di lì a poco sarebbe piombato su di noi. All’epoca, naturalmente, non sapevo ancora cosa fosse un pogrom, ma sapevo che aveva a che fare con l’essere ebrei e con la marmaglia di agitatori che solevano sorgere in città che brandivano coltelli e grosse mazze, che urlavano “Uccisori di Cristo!”, mentre cercavano gli ebrei, e che ora stavano per fare cose terribili a me e alla mia famiglia”4.
L’antisemitismo può sembrare qualcosa che appartiene a un lontano passato, ma quasi ogni persona ebrea che incontrerai oggi è stata accusata personalmente di essere un “uccisore di Cristo” da qualcuno che si identifica come Cristiano. Questo sentimento ha fatto sì che si provvedesse a una giustificazione morale per i numerosi atti di odio nei confronti dei singoli ebrei e anche contro tutta la comunità ebraica nel suo insieme.
Comunicare la verità nell’amore
Nella sua epistola agli Efesini, Paolo utilizza varie forme del termine agape. Questo termine è tradotto con “amore” ben quattordici volte. In particolare quando parla dei doni di evangelisti, pastori e dottori nel contesto del rifiuto dei falsi dottori che ingannano le persone con falsi intrighi e manipolazioni, Paolo enfatizza l’importanza di una comunicazione compassionevole. Anche se l’immediato contesto si rivolge in modo specifico a come i credenti devono comunicare tra di loro, il sentimento si adatta a qualsiasi tipo di discorso. Paolo dice la stessa cosa nella sua epistola parallela ai Colossesi:
“Comportatevi con saggezza verso quelli di fuori, recuperando il tempo. Il vostro parlare sia sempre con grazia, condito con sale, per sapere come rispondere a ciascuno.” (Colossesi 4:5-6 NR06)
Ci sono argomenti di teologia su cui dobbiamo ammettere di avere prospettive genuinamente divergenti? La Scrittura parla dei fallimenti dell’antico popolo ebraico? Abbiamo letto dei dibattiti che Yeshua ha avuto con i leader del Suo tempo? La Bibbia comanda di condividere il Vangelo specificamente con gli ebrei? Ci sono moniti a riguardo sull’utilizzo sbagliato della Torah per i credenti del tempo del Nuovo Patto? Ci sono dure condanne per coloro che rifiutano la persona di Yeshua e la Sua opera? Certamente sì, ma come trattiamo di queste importanti questioni nelle nostre conversazioni pubbliche e private?
Esamina te stesso!
Ecco un esame di auto-verifica: parli dei peccati di Israele allo stesso modo in cui parleresti di tua figlia rimasta incinta al di fuori dal matrimonio? O che sta lottando contro la dipendenza da droghe o altre sostanze – oppure in che modo vorresti che gli altri parlassero dei peccati dei tuoi amati familiari? Parli di come Israele ha rotto il patto con Dio nella stessa maniera e tono in cui conversi a proposito degli errori morali dei tuoi figli o delle loro violazioni delle politiche scolastiche?
Rifletti su come l’argomento e il tono cambiano quando una compassione genuina rimpiazza lo sdegno sprezzante, i paragoni arroganti e le ignoranti prese in giro. Ogni predicazione che disumanizza o svaluta gli individui ebrei rappresentandoli come intrinsecamente malvagi, manipolatori o responsabili di malattie sociali, è una forma di antisemitismo.
Come diciamo ciò che diciamo
I seguenti consigli pratici possono aiutarci a comunicare con la comunità ebraica in un modo che onori Dio. Usare il termine “Ebreo” in maniera dispregiativa è offensivo e può sembrare disumanizzante. È importante usare il termine “il popolo ebraico” quando ci si riferisce alla comunità ebraica. Benché i testi biblici scritti da autori ebrei possano parlare degli “Ebrei”, la lunga storia di antisemitismo cristiano e l’uso comune di questo termine come insulto razziale, macchia il suo utilizzo ai nostri giorni. Meglio quindi dire “popolo ebraico” invece di “Ebreo” o “gli Ebrei”.
Meglio dire “l’antico Israele”, “gli Israeliti” oppure “i figli d’Israele” quando ci si riferisce all’esistenza storica della nazione all’epoca in cui la Bibbia fu scritta. Ciò permette di comprendere che non stiamo parlando degli Israeliani del moderno Stato d’Israele oggi, confondendo il linguaggio del passato con quello del presente. Inoltre, questo impedisce di eguagliare l’Ebraismo con la fede antica degli Israeliti data con autorità divina sul Sinai. L’Ebraismo emerse come sistema religioso dopo l’esilio babilonese a causa della distruzione e ricostruzione del Tempio. Di conseguenza, è spesso identificato come Ebraismo del Secondo Tempio in letteratura. Dopo la distruzione del Secondo Tempio nel 70 d. C., il sistema può essere descritto come “proto Ebraismo” o addirittura anche come “Ebraismo rabbinico”. Poteva rispondere a domande quali: “Come possiamo rimanere fedeli alla Torah in esilio?” e “Come possiamo obbedire a Dio senza il Tempio?”. L’Ebraismo non può essere indiscriminatamente eguagliato con le credenze teologiche e le pratiche religiose dell’antico Israele5.
Parlare di “Israele” e “Giudea” invece che di “Palestina” quando si parla di geografia biblica. Affermare che Yeshua camminò in Palestina è anacronistico. Dopo aver soppresso la rivolta di Bar Kokhba nel 135 d. C., l’Imperatore romano Adriano assunse varie misure volte alla cancellazione dell’identità ebraica nel territorio associato all’antico Israele. Rinominò Gerusalemme “Aelia Capitolina”. Le aree attorno alla Giudea e Samaria vennero successivamente chiamate “Palestina Prima”, la Galilea “Palestina Secunda”, il Negev e la Transgiordania del Sud “Palestina Tertia”. Ancora una volta tutto questo fu un tentativo di cancellare ogni connessione ebraica con la terra d’Israele. Tuttavia, dal 1948, la terra è stata di nuovo chiamata “Israele”, e questo è il termine geografico che dovremmo utilizzare dal pulpito.
Importare il termine “Cristianesimo” nelle Scritture del Nuovo Testamento, o contrapporre l’Ebraismo al Cristianesimo quando si descrive il conflitto tra Yeshua e i capi politici della Sua epoca, impedisce di posizionare queste discussioni nel loro proprio contesto storico e culturale, quello ebraico, e anacronisticamente importa un intero sistema religioso in una storia in cui non era nemmeno ancora conosciuto. Il Cristianesimo come sistema religioso e teologico è emerso nel corso del tempo. Parla dei “primi discepoli”, “della prima comunità di credenti” o “della chiesa primitiva” invece di dire “Cristianesimo” quando ti riferisci a coloro che per primi seguirono le orme del Maestro. L’epistola agli Ebrei non dovrebbe mai essere predicata come un messaggio che compara quanto è meglio il Cristianesimo rispetto all’Ebraismo. L’epistola è stata scritta a una comunità di Ebrei messianici. La tendenza a una lettura supersessionista6 della lettera prese campo in un periodo successivo, in maggioranza cristiano gentile, non con i primi seguaci ebrei di Yeshua. Il mio amico e collega al Moody Bible Institute, il dottor Michael Rydelnick, ha spesso chiesto ai suoi studenti di fare questo esperimento:
“Dimenticatevi per un attimo che il Cristianesimo sia mai esistito, e tanto meno il Cristianesimo come movimento prevalentemente gentile. Ora rileggete la lettera agli Ebrei con questa nuova assenza di conoscenza. C’è qualcosa che può portare a pensare che l’autore di questa omelia sia tutt’altro fuorché ebreo, (sebbene messianico), dicendo la propria su una controversia all’interno della sua stessa religione?… La lettera agli Ebrei non parla da nessuna parte di Giudei e Gentili, da nessuna parte c’è evidenza di controversie sulla circoncisione o leggi sul cibo, non fa alcuna critica alla Torah mosaica, a eccezione del culto sacrificale levitico, e non contiene alcuna polemica contro i Giudei o i capi dei Giudei.”
Quando il vile odio per l’antisemitismo alza la sua brutta testa attraverso il vandalismo, o peggio, puoi passare al contrattacco esprimendo amore, affetto e apprezzamento per i tuoi amici nella comunità ebraica. Scrivi al rabbino del luogo e comunicagli l’amore e la solidarietà della tua congregazione. Invia una lettera ufficiale esprimendo il tuo supporto per la comunità ebraica e il tuo amore per il popolo ebraico. Istruisci i membri della tua congregazione a usare modi appropriati per approcciare discorsi e discussioni teologiche, finanche dibattiti. Non essere una voce ostile che permette agli altri di esprimere la propria mentalità peccaminosa. Sii piuttosto una luce nel buio, e un esempio dell’amore di Dio stesso, per coloro che Dio scelse per essere una luce per le nazioni – coloro che Egli usò per portare le Scritture e il Salvatore!
Alcuni argomenti dovrebbero essere discussi con la massima cura. Comparare le situazioni attuali all’Olocausto, in maniera casuale o inappropriata, minimizza l’enormità dell’orrore dell’Olocausto, può essere doloroso per i sopravvissuti e i loro discendenti. Le persone possono arrivare a fare i commenti più inappropriati. Ridere o scherzare sulla Tribolazione e il giudizio finale non esprime l’amore di Dio per coloro che Lui si è scelto, anche nella loro infedeltà al patto. È come parlare casualmente di persone che andranno all’inferno. Se conosciamo e crediamo agli insegnamenti biblici, non potremmo mai scherzare su questi argomenti.
Potrebbe non sembrare necessario da dire, ma ho personalmente sentito queste cose, quindi l’avvertimento è più che necessario. Un predicatore commentando la chiara profezia messianica di Isaia 53 l’ha definita con enfasi “la camera di tortura dei rabbini”. Altri hanno utilizzato aggettivi poco compassionevoli nel descrivere degli individui come tipici di un insieme: un ebreo ateo, un ricco uomo d’affari ebreo, un’orgogliosa madre ebrea. Riflettiamo a come l’uso del linguaggio rivela le attitudini del cuore. Come Yeshua ha detto: “L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore tira fuori il bene, e l’uomo malvagio dal malvagio tesoro del suo cuore tira fuori il male; perché dall’abbondanza del cuore parla la sua bocca.” (Luca 6:45 NR06).
Una predicazione filosemita persuasiva
I seguenti quattro punti sono intesi come principi guida per predicatori e insegnanti della parola di Dio, ma possono essere applicati a chiunque sostenga di essere un seguace di Gesù il Messia.
1 – Educa te stesso
Il fondamento di una comunicazione efficace risiede nel comprendere il soggetto della conversazione. Dalla mia esperienza di anni di valutazione di articoli di ricerca dei miei studenti, ho osservato come a volte gli scrittori cadono nell’insultare o attaccare i loro oppositori ideologici diventando superficiali e utilizzando argomentazioni deboli e giudizi semplicistici. Prima di impegnarsi in discussioni a riguardo dell’Ebraismo, della sua storia, del suo credo e delle sue pratiche, prenditi il tempo per informarti. Leggi da fonti autorevoli, impara dall’enorme retaggio culturale ebraico e ottieni informazioni riguardo alle difficoltà e alle vittorie della comunità ebraica. Questa conoscenza ti aiuterà ad affrontare l’argomento con sensibilità e consapevolezza. Potresti inoltre considerare di fare un corso con l’Ariel College of the Bible and Messianic Jewish studies. I nostri corsi possono introdurti alle risorse primarie di letteratura ebraica e darti una giusta prospettiva messianica.
2 – Sii consapevole del contesto storico
L’antisemitismo ha una lunga e dolorosissima storia, marcata da persecuzioni, discriminazioni e genocidi. Quando esponi le verità bibliche, sii consapevole del contesto della storia ebraica. Evita di minimizzare o banalizzare le sofferenze di Israele durante la schiavitù egizia, la cattività Babilonese, la distruzione del Tempio o la dispersione dalla propria terra. La sensibilità per gli eventi passati è cruciale per connetterti con i tuoi interlocutori e incoraggiare conversazioni proficue.
3 – Critica le idee, non le persone
È assolutamente accettabile prendere parte a conversazioni intellettuali riguardo a credenze religiose, pratiche e ideologie. Tuttavia, nell’esprimere disaccordo o critica, meglio concentrarsi sulle idee piuttosto che attaccare gli individui che sostengono quella determinata opinione o le loro identità. Sottolinea che le tue critiche sono dirette a specifici punti di vista, metodi oppure azioni, non contro l’intera comunità ebraica. Considera le attuali divisioni politiche in Israele. La nazione è profondamente divisa tra potere politico e il ruolo della religione nella vita pubblica, ma la maggior parte è d’accordo nell’avere una patria ebraica. Alcuni israeliani vedono la propria identità ebraica come religiosa; altri invece la comprendono più da un punto di vista culturale o etnico. Alcuni minacciano una guerra civile, ma preghiamo che prevalgano quelli con uno spirito meno bollente. Shalom è un valore ebraico.
4 – Prenditi la responsabilità delle tue parole
Le parole hanno delle conseguenze. Come predicatore, ricordati che le tue parole hanno un peso. Se inavvertitamente esprimi un punto di vista insensibile o distorto, prendine coscienza e prenditi le tue responsabilità. Chiedi scusa sinceramente e fa lo sforzo di imparare dall’errore. La tua congregazione ti rispetterà e sarà più sensibile nelle proprie scelte.
Le Scritture ci insegnano che nella lingua vi è il potere della vita e della morte (Proverbi 18:21). Parole avventate trafiggono come una spada, ma la lingua dei saggi porta guarigione (Proverbi 12:18). Le parole dette a tempo sono come frutti d’oro in vasi d’argento cesellato (Proverbi 25:11) La lingua del giusto è argento scelto; il cuore degli empi vale poco. Le labbra del giusto nutrono molti ma gli stolti muoiono per mancanza di senno (Proverbi 10:20-21).
Che la nostra predicazione possa seguire il modello della buona novella del nostro Messia mentre predichiamo la verità nell’amore.
- Per esempio, vedere Andrew D. Robinson, Israel Betrayed, Volume 1: The History of Replacement Theology (San Antonio, TX: Ariel Ministries, 2018); Larry D. Pettegrew, Forsaking Israel: How It Happened and Why It Matters, 2nd ed. (The Woodlands, TX: Kress, 2021); Barry E. Horner, Future Israel: Why Christian Anti-Judaism Must Be Challenged (NAC Studies in Bible & Theology; Nashville, TN: B&H Academic, 2007); Rinaldo Diprose, Israele sotto la Chiesa. Storia della teologia della sostituzione (Roma, Italia: Istituto Biblico Evangelico Italiano, 2000); William Nicholls, Christian Antisemitism: A History of Hate ( New York: Jason Aaronson, 1993; revised, Rowman & Littlefield, 1995 ). Molti degli articoli di questa triste vicenda sono disponibili nel cyber archivio Dialogika (http://www.ccjr.us/dialogika-resources/primary-texts-from-the-history-of-the-relationship#list). ↩︎
- Orations against the Jews, VI:I:7. ↩︎
- Il libro di Michael Brown Our Hands Are Stained with Blood (2019) potrebbe essere un grande aiuto come filtro nel preparare i messaggi, attraverso le lenti della storia che i tuoi ascoltatori della comunità ebraica conoscono già. ↩︎
- Golda Meir, My Life (New York: J. P. Putnam’s Sons, 1975), p. 13. ↩︎
- Jacob Neusner, There We Sat Down: Talmudic Judaism in the Making (Brooklyn, NY: Ktav, 1982). ↩︎
- Michael Rydelnik, Hebrews Class, Unpublished PowerPoint Slide, 2022.
↩︎
Tim Sigler, “How Not to Preach Like an Anti-Semite”, Ariel Magazine – Winter 2023, No. 40, pp 16-20. © 2025 Ariel Ministries USA. Tradotto col permesso di Ariel Ministries USA.
Traduzione di Ludovica Antonelli, revisione di Martina Pifferi Speciale, proofreading Mariapaola Lince